A maker meeting: due chiacchiere con Donatello Castorio

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Quello di Donatello Castorio è il ritratto del perfetto maker che si è fatto da solo, partendo dalla gavetta, sperimentando e sbagliando sulla propria pelle. Ed è forse per questo motivo, che pur sapendone molto più di tanti altri, è sempre pronto ad aiutare tutti e a offrire la sua esperienza ai neofiti e a chiunque ne abbia bisogno. Alla faccia di chi pensa che in Italia non ci siano ragazzi dalle idee interessanti, il maker di Gissi (un paesino della provincia di Chieti, in Abruzzo – NDR) ha sviluppato una retroconsole basata su Raspberry Pi inserita all’interno di un vecchio SEGA Game Gear ormai destinato alla discarica. Ma le idee di Donatello, non finiscono certo qui.

 

 

F: ciao Donatello, innanzi tutto grazie per averci concesso il tuo tempo. Parlaci un po’ di te e di come sei entrato nel mondo del retrogaming e dei maker e cosa ti ha spinto a voler realizzare una macchina che comprenda l’utilizzo del Raspberry Pi con Shell Game Gear

D: Ciao Fabrizio è un piacere per me. Allora esattamente non sono entrato nel mondo del retrogame. Nel Natale del 1991 mio padre mi regalò un Nintendo Entertainment System e da allora ho sempre videogiocato fino ad oggi con qualsiasi generazione di console. Quindi, quei videogame con cui continuo tutt’ora a giocare, hanno semplicemente cambiato nome in “Retrogame”. Per quanto riguarda la macchina basata su Raspberry Pi racchiusa nello Shell di un Game Gear, posso dirti che è nata principalmente dal riciclo di alcune parti e componenti di scarto: un Game Gear irreparabile, avanzi di arcade Stick, controller Master System guasti e perfino una sigaretta elettronica guasta. Ho voluto creare questo progettino principalmente per la delusione data da console portatili “cinesi” all in one.

 

 

F: e qui arriviamo al punto fondamentale: il riciclo di parti apparentemente destinate alla discarica. Non trovi che, al giorno d’oggi, si tenda un po’ troppo facilmente a gettar via cose che sono ritenute ormai irreparabili? L’impressione che abbiamo noi di Moreware, stando a contatto con studenti e neofiti, è che ci sia una generale tendenza al buttare via tutto al minimo problema. Tu cosa pensi in proposito?

D: io penso che al giorno d’oggi riparare sotto commissione sia un lavoro sottovalutato e a volte viene dato per scontato. Alcuni interventi manutentivi richiedono risorse che partono dalla giusta strumentazione, alle conoscenze elettroniche fino ad arrivare alla risorsa più preziosa, ovvero il tempo. Riparare su commissione in modo legale al giorno d’oggi verrebbe a costare più del valore stesso dell’oggetto da riparare e la maggior parte delle persone preferisce cestinare e acquistare il nuovo. Ovviamente io lo faccio per passione e non ho mai chiesto nulla in cambio.

F: avendo avuto la possibilità di seguire passo passo la lavorazione del progetto che ti ha portato a realizzare il Game Gear con Raspberry Pi, so quanto sia stato complicato a volte riuscire a far quadrare il tutto. Immagino che il problema più grande sia stato lo spazio ridotto all’interno della shell del Game Gear. Molto spesso cerchiamo di spiegare ai nostri studenti l’importanza di uno studio preventivo di tutte le fasi e, soprattutto, della scelta dei materiali giusti. Cosa puoi dirci del tuo approccio progettuale in questo senso?

D: la progettazione iniziale in qualsiasi lavoro è la parte fondamentale di qualsiasi opera. Ciò ti permette di pianificare oltre agli ingombri dei componenti, anche il budget di spesa ed eventuali imprevisti. La difficoltà più grande l’ho avuta affrontando una parte del lavoro che è fuori dalle mie competenze, ovvero la verniciatura della Shell, ma fortunatamente ho degli ottimi amici che mi hanno seguito passo per passo per farla.

 

 

F: quello che hai sottolineato, ovvero l’importanza degli amici, è un altro punto importante che ci terremmo a toccare nel mondo dei maker: l’aspetto legato alla community. All’estero è un concetto molto più radicato, ci sono forum e gruppi social molto nutriti dove vige molto il senso della collaborazione. In italia, invece, sembra che questo sia un concetto che fatica a passare. Eppure, lo hai detto tu stesso: l’unione fa la forza. Cos’hai da dirci tu in merito?

D: purtroppo in Italia la maggior parte delle volte ci mettiamo in competizione tra di noi e l’orgoglio supera la logica senza renderci conto dei nostri limiti e delle nostre conoscenze. Nelle community si dà più importanza all’apparenza e non all’umiltà.

F: concordo pienamente con quello che hai appena detto, nonostante sia un crudo ritratto della situazione. Facendo un paragone con quello che succede all’estero, è naturale pensare al fatto che per quello che riguarda la figura del maker siamo inesorabilmente indietro. Se si guarda siti come Reddit o GitHub, ma anche diversi canali youtube esteri, si nota un potenziale illimitato che qui da noi fatica ad arrivare. Secondo te qual’è il problema?

D: purtroppo l’Italiano medio ha ben altri interessi: calcio, motori, caccia e campagna, per lo meno qui in Abruzzo sono argomenti all’ordine del giorno. In altre zone d’Italia tipo Toscana ed Emilia Romagna la cultura Retrogaming è molto più sviluppata ma siamo un paese piccolo e non riusciamo a stare al passo con il resto del mondo. Un paio di anni fa in un gruppo facebook di Retrogame feci una domanda su un cavo RGB per Super Nintendo con cui avevo problemi. Ricevetti un commento di risposta a quel post sei mesi dopo… da me stesso! Purtroppo siamo un paese piccolo.

 

 

F: tornando ad argomenti più piacevoli, sai che prima o poi ti avrei chiesto di parlare del tuo ultimo progetto completo. Sei riuscito a far stare un Raspberry all’interno di quei giocattoli che andavano molto negli anni ’90 per simulare il cruscotto di un’auto con volante e fanalini. Parlacene un po’.

D: quell’idea mi fu data da un altro amico appassionato, ovvero Carmelo Gueci. È un prototipo funzionante ma non completo, ho utilizzato roba di scarto che avevo in casa quindi non è esattamente come l’ho pensato. Ho utilizzato un display da 7″ con overscan, un Raspberry pi3 e un vecchio controller dual shock per PC, ho sostituito il trimmer della leva analogica sinistra del controller con un potenziometro monogiro da 470 ohm collegato direttamente al rotore del volante. Il progetto attualmente l’ho sospeso per altre priorità.
Entrambi i progetti sono basati su Batocera che ritengo il software più versatile per l’utilizzo di emulatori di vecchie console. Nel Game Gear ho messo un Raspberry Pi4, in questo un Pi3.

F: molto bene Donatello. Quali saranno i tuoi progetti futuri? Hai già in mente qualcosa o punti a finire i mille che hai già iniziato?

D: oltre completare quest’ultimo, vorrei realizzare un docking, ovvero un interfaccia unica da collegare a un PC o Raspberry via USB, che utilizzando un porta di ingresso DSUB 15 PIN mi permetta di collegare varie periferiche costruite ad HOC che siano Arcade Stick, Twin Stick, Track Ball, Paddle, un controller per il gioco Toobin ed uno per Mousetrap. L’idea è nata da un altro mio carissimo amico che reputo un fratello, Enzo Bunetto. Ma il progetto che vorrei realizzare da tempo è un controller per Forgotten World.

 

 

F: parlaci un po’ di che idea avresti e da dove vorresti partire per realizzarla.

D: partirei da un controller dual shock per PC in modo da sfruttarne gli ingressi analogici con l’aggiunta di un bypass su un resistore. Questo perché, rimuovendo il trimmer della leva analogica, non si avrà più una resistenza e ciò è causa drifting. Il resto dei pulsanti saranno collegati in parallelo sul connettore 15 PIN. Ho già realizzato una cosa simile poter utilizzare controller originali Nes, SNES e Magadrive su Xbox 360, infatti sulle schede dei controller originali ho eliminato l’IC della gestione degli input e utilizzato i contatti puliti esattamente come fosse un controller per Neo Geo. L’idea è di avere in salotto un sistema All in One con il giusto feedback di giocabilità, non sarà mai esattamente come giocare su un CRT, ma con un TV led a bassa latenza e i giusti filtri grafici i giochi sono godibili ugualmente.

F: Donatello, grazie per il tempo che ci hai dedicato e in bocca al lupo per i tuoi futuri progetti. Hai un messaggio per i nostri lettori o qualcuno che ci tieni a salutare?

Sì, consiglio ai lettori di chiedere sempre a chi ne sa di più. È sempre utile per evitare disastri, io ne ho combinati tanti. Uno saluto ai miei grandi amici Krishna Granchi, Enzo Bunetto, Sergio Mazza, Alfredo Recchilungo, Massimo Spiga, Costantino Mastrangelo e ovviamente te Fabrizio.

Grazie mille a te Donatello, e buon lavoro!

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