Filosofia e intelligenza artificiale : due mondi connessi

La filosofia è una delle discipline fondamentali – a contrario di quello che pensano molti – per lo sviluppo e l’applicazione dell’Intelligenza Artificiale.
La filosofia offre idee e strumenti concettuali e critici per trattare alcuni dei problemi centrali dell’intelligenza artificiale e, di contro, l’intelligenza artificiale permette di affrontare in modo originale alcune delle questioni della tradizione filosofica.
L’intelligenza artificiale è nata dalla volontà di comprendere il funzionamento della mente umana, di come l’uomo osserva ed analizza i problemi: dimensione tipicamente filosofica.

Ma cosa intendiamo con intelligenza artificiale? Per chi non lo sapesse l’intelligenza artificiale può essere spiegata in breve con una citazione di Elaine Rich:

“L’intelligenza artificiale è lo studio di come far fare ai computer cose che, al momento, le persone fanno meglio.”

Le attività e le capacità dell’Intelligenza Artificiale comprendono:
  • l’apprendimento automatico (machine learning), utile in contesti quale il gioco degli scacchi
  • la rappresentazione della conoscenza e il ragionamento automatico in maniera simile a quanto fatto dalla mente umana
  • la pianificazione (planning)
  • la cooperazione tra agenti intelligenti, sia software che hardware (robot)
  • l’elaborazione del linguaggio naturale (natural language processing)
  • la simulazione della visione e dell’interpretazione di immagini, come nel caso dell’OCR

Non esiste la filosofia se non ci poniamo domande, quindi per questo motivo cerchiamo di riflettere su questi interrogativi:
  • Può una macchina agire in modo intelligente?
  • I computer possono pensare?
  • Può risolvere tutti i problemi che chiunque altro risolverebbe pensando?
  • L’intelligenza umana e l’intelligenza artificiale sono uguali?
  • come fa un grumo di tessuto adiposo ed elettricità a dare origine a questa (familiare) esperienza di percezione, significato o pensiero?
  • Il cervello umano è un computer?
  • Una macchina può avere una mente, uno stato mentale e una coscienza simile a quella umana?
  • Può avere coscienza di se stessa in quanto oggetto del pensare?
  • Il computer ha consapevolezza? Può avere l’istinto di buttarsi giù da un burrone o ragiona in modo razionale e si ritira indietro?
  • qual è la connessione tra i nostri pensieri e ciò a cui stiamo pensando (cioè oggetti e situazioni nel mondo)
  • se due persone vedono la stessa cosa, hanno la stessa esperienza? O ci sono cose “nella loro testa” (chiamate “qualia”) che possono essere diverse da persona a persona?
Come rispondere? Tutto è legato alle definizioni date a intelligenza, coscienza e macchina. 
Le parole “mente” e “coscienza” sono usate da diverse comunità in modi diversi. Alcuni pensatori new age, per esempio, usano la parola “coscienza” per descrivere qualcosa di simile a “élan vital” di Bergson: un fluido invisibile ed energetico che permea la vita e specialmente la mente. Per filosofi, neuroscienziati e scienziati cognitivi, le parole sono usate in un modo che è sia più preciso sia più banale: si riferiscono alla familiare esperienza quotidiana di avere un “pensiero nella tua testa”, come una percezione, un sogno, un intenzione o un piano, e per il modo in cui sappiamo qualcosa, o intendiamo qualcosa o capiamo qualcosa.
Vediamo come hanno risposto i protagonisti di questa evoluzione ancora in corso a queste domande:
  • Il Test di Turing: Se una macchina si comporta in modo intelligente come un essere umano, allora è intelligente come un essere umano.
  • La proposta di Dartmouth: Ogni caratteristica dell’intelligenza o aspetto dell’apprendimento si può definire con precisione tale da potere creare un automatismo per simularla.
  • L’ipotesi del sistema di simboli fisici di Newell e Simon: Un sistema di simboli fisici ha i mezzi necessari e sufficienti per produrre un’attività intelligente completa.
  • L’ipotesi di Searle:  il computer non sarebbe soltanto, nello studio della mente, uno strumento; piuttosto, un computer programmato opportunamente è davvero una mente. Searle sostiene nella sua argomentazione nota come la “Stanza Cinese” che gli elaboratori di informazione portino dati codificati che descrivono cose. I dati codificati in quanto tali risultano essere senza significato alcuno qualora venga a mancare un riferimento incrociato alle cose che essi descrivono. Questo porta Searle a dire che non c’è alcuna comprensione e significato nello stesso elaboratore di informazione. Come risultato egli dichiara che anche una macchina che superi il Test di Turing non debba essere necessariamente intelligente in senso umano.
  • Il Meccanismo di Hobbes: La ragione non è altro che il calcolo (ovvero l’addizione e la sottrazione) delle sequenze di nomi con cui si è convenuto indicare e esprimere i nostri pensieri.

intelligenza

Le risposte sono varie e discordi in quanto non siamo in grado di definire il concetto di mente, coscienza, intelligenza e macchina in modo univoco. La definizione di intelligenza, naturale o artificiale, e di coscienza appare estremamente vaga. Per questo motivo lo studio della intelligenza artificiale si divide in due correnti:
  • la prima, detta intelligenza artificiale forte, sostenuta dai funzionalisti, ritiene che un computer correttamente programmato possa essere veramente dotato di una intelligenza pura, non distinguibile in nessun senso importante dall’intelligenza umana. L’idea alla base di questa teoria è il concetto che risale al filosofo Thomas Hobbes, il quale sosteneva che ragionare non è nient’altro che calcolare: la mente umana sarebbe dunque il prodotto di un complesso insieme di calcoli eseguiti dal cervello. In sintesi l’AI forte sarebbe una “mente” che è davvero intelligente e auto-cosciente.
  • la seconda, detta intelligenza artificiale debole, sostiene che un computer non sarà mai in grado di eguagliare la mente umana, ma potrà solo arrivare a simulare alcuni processi cognitivi umani senza riuscire a riprodurli nella loro totale complessità (un computer che elabora una serie di simboli che non comprende e che si limita ad eseguire i suoi compiti meccanicamente). In sintesi è ciò di cui disponiamo allo stato attuale, ossia sistemi che mostrano comportamenti intelligenti pur essendo “semplici” computer.
Hubert Dreyfus afferma che alla base della I.A. forte è posto un concetto di mente assolutamente errato, ovvero una mente che è un dispositivo calcolatore che utilizza dati discreti e atomici attraverso regole precise e passi distinti. Questa mente non coincide con quella umana che è olistica, cioè coglie le parti nella totalità, e situazionale, ovvero organizza il mondo fenomenico secondo significati legati a interessi e finalità che derivano dai bisogni materiali.
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Le difficoltà riscontrate utilizzando una definizione forte dell’IA. portarono al crollo del paradigma funzionalista. Il funzionalismo afferma che gli eventi mentali, essendo caratterizzati da funzioni, sono indipendenti dal substrato fisico, quindi dal cervello. Di conseguenza nasce l’analogia mente-computer ovvero la mente (strumento di manipolazione formale di simboli) risiede nel cervello tanto quanto il sofrware risiede e utilizza l’hardware. Semplificando:

mente : cervello = software : hardware

Quindi, affermano i funzionalisti, è possibile scrivere un programma ad hoc da far girare su un computer per simulare la mente, ovvero creare a tutti gli effetti una mente per nulla differente da quella umana.

Alla fine del funzionalismo segue la nascita del connessionismo, dottrina che afferma l’importanza della conformazione del cervello instaurando un collegamento inscindibile tra mente e  cervello. Con buona approssimazione si può affermare:

mente = cervello

La ricerca del connessionismo ha portato all’invenzione di metodi di ricerca (sistemi dinamici non lineari, sistemi di elaborazione parallela distribuita) che mirano a ricreare l’intelligenza attraverso le reti neurali.

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Al concetto (nel senso stretto del termine) di intelligenza artificiale può essere riferito al pensiero di vari filosofi tra cui:
  • Aristotele (383 a.C – 322 a.C): Il concetto teorico di intelligenza artificiale risale ad Aristotele che tramite il suo famoso sillogismo “tutti gli uomini sono mortali, Socrate è un uomo, Socrate è mortale” Questi passaggi a livello teorico sono possibili meccanismi che adotta la nostra mente, che sono la base della logica
  • Davide Hume (1711 – 1776):  contribuì allo sviluppo del ragionamento matematico, formulando il principio di induzione. Il principio di induzione si basa sull’effetto domino. Per far cadere le varie tessere del domino è necessario che si verificano due condizioni: che la prima tessera del domino cadi e che una determinata tessera sia in grado di far cadere la successiva. Su questo ragionamento si basano numerose dimostrazioni in ambito matematico (per esempio: somma di n numeri naturali da x a y).
  • Russell (1872 – 1970). Introdusse il positivismo logico, ossia quella dottrina che sostiene che tutta la conoscenza può essere caratterizzata da teorie logiche connesse.
  • Heidegger (1899 – 1976). Afferma che l’intera costruzione del meccanismo della mente è frutto di un’elaborazione teorica che non corrisponde ad una descrizione fenomenologia.
  • RAY KURZWEIL (1948) Il suo pensiero può essere riassunto in una frase “Il concetto solito del materialismo è che il cervello, l’hardware, viene prima e il pensiero emerge qualche volta da esso”
  • Wilber Penfield (insieme ad altri scienziati) sono giunti alla conclusione che il cervello comprende la mente.

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I computer non possono riprodurre la mente umana, senza che la mente fornisca la cognizione del contesto e del significato delle informazioni elaborate.

Quando parliamo di etica dell’intelligenza artificiale ci stiamo concentrando su una serie di temi che riguardano il futuro dell’umanità. Ad esempio, il tema enorme della responsabilità. Se un aereo cade perché il sistema riceve dati errati, di chi è la colpa? Se una macchina dotata di guida autonoma fa un incidente di chi è la colpa? Di più: il software rafforza le mie scelte e io divento sempre di più quella persona lì. Noi essere umani ci fidiamo delle macchine, ci fidiamo del tragitto che ci fornisce google-maps, Kasparov perse in modo sciocco contro l’intelligenza artificiale in quanto si riteneva meno forte rispetto al computer dotato di intelligenza artificiale e così via. Siamo condizionati (tutti) da ciò che la tecnologia offre a ciascuno di noi, in modo positivo o negativo.

Luciano Floridi, filosofo, docente a Oxford, tra i massimi studiosi mondiali dell’Intelligenza Artificiale affermò:

In questo momento, studio una branca dell’etica che dovrebbe occuparsi di alcuni problemi abbastanza semplici da definire ma molto complessi da risolvere. Il primo è l’opacità delle decisioni prese dai sistemi artificiali. Un altro è la diffusione distribuita della responsabilità: quando grandi sistemi sempre più complessi vivono anche di intelligenza artificiale, di chi è la responsabilità? Il Boeing che si è recentemente schiantato in Etiopia ha davvero avuto soltanto un problema di software? E in quel caso la colpa è dei piloti, di chi ha fatto il loro training, di chi ha autorizzato l’uso di quel software, di chi l’ha disegnato? Questi sono problemi più eclatanti. Poi ci sono quelli più silenziosi che sono due: il primo è quello della “spintarella”, ovvero il fatto che un software possa tranquillamente essere programmato per consigliare sempre di andare verso una determinata direzione, andando a cozzare con la nostra autonomia. Pensiamo a chi nasce oggi e che avrà a che fare per decenni con l’intelligenza artificiale. Si tratta di soggetti che vengono spintonati gentilmente dall’intelligenza artificiale, silenziosamente ma costantemente.

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Può sembrare strano, ma conosciamo già i limiti dell’I.A. e sono conseguenza del teorema di Godel. espresso nel 1931 nel saggio Sulle proposizioni formalmente indecidibili dei Principia matematica  e di sistemi affini. Egli dimostrò che in ogni sistema è possibile formulare proposizioni che all’interno dello stesso sistema non possono essere dimostrate né contraddette. Una dimostrazione del teorema è la seguente, per un sistema la cui consistenza (un sistema è consistente se non è contraddittorio) discenda dal fatto che ogni suo teorema è vero:

“Una formula che dice di se stessa di non essere dimostrabile non può essere dimostrabile,  altrimenti il sistema proverebbe una falsità. Non essendo dimostrabile, e dicendo appunto di non esserlo, essa è dunque vera. Allora la sua negazione è falsa, e dunque anch’essa non è dimostrabile.  Il sistema non è quindi completo, perché non decide tale formula.”

Ovvero affinché il sistema sia consistente è necessario che ogni sua formula sia vera. Una formula che afferma di non essere dimostrabile, perché rimanga la condizione di consistenza del sistema, deve essere vera, cioè non dimostrabile. Se è vera, la sua negazione deve essere falsa. La negazione è che la formula è dimostrabile, ma se la negazione è falsa, significa che anche la negazione non è dimostrabile, di conseguenza poiché sia l’affermazione che la negazione non sono dimostrabili, non è possibile decidere la verità o la falsità della formula.

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Immagina Michelangelo Buonarroti che dipinge la cappella sistina e quando ha finito esce da sampietro con uno sguardo fisso ed assente e se ne va a casa. Questo sarebbe accaduto – se lui fosse stato grandissimo artista che fu – totalmente sprovvisto di coscienza di sé stesso, ha dipinto la sistina ma non si accorto di averlo fatto

La mente umana è molto più che potenza di calcolo, computazione e numeri. nessun algoritmo o sistema di Intelligenza artificiale (AI) potrà mai spiegare appieno il funzionamento della mente umana, né replicarlo. A meno di non voler supporre che la mente umana sia soltanto computazione e calcolo (AI debole)

L’intelligenza richiede comprensione, la comprensione richiede consapevolezza. E la consapevolezza è una qualità prettamente umana. Per questa ragione l’uomo è in grado di compiere azioni coscienti che vanno oltre ogni tipo di attività computazionale.

Link utili

Simone Candido è un ragazzo appassionato del mondo tech nella sua totalità. Simone ama immedesimarsi in nuove esperienze, la sua filosofia si basa sulla irrefrenabile voglia di ampliare a 360° le sue conoscenze abbracciando tutti i campi del sapere, in quanto ritiene che il sapere umano sia il connubio perfetto tra cultura umanistica e scientifica.

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