Progettiamo assieme – Un alimentatore stabilizzato

Alimentatore stabilizzato

Impariamo a comprendere la teoria e la pratica della progettazione di un alimentatore stabilizzato, per poterle utilizzare nei nostri circuiti.

Una corretta sorgente di alimentazione è il cuore pulsante di ogni circuito elettronico che si rispetti. Che si tratti di pile alcaline, batterie al litio, o conversione dalla tensione alternata di rete,  (220V), il nostro circuito necessiterà di quella “differenza di potenziale” rispetto allo zero che consenta ai componenti di interagire.

In un precedente articolo abbiamo analizzato i piccoli alimentatori a stato solido offerti da AZ-Delivery, compatti e ideali quando occorra alimentare piccoli circuiti con Arduino o altri microcontrollori alla tensione di 3.3, 5 o 12Volt in corrente continua.

Ma come facciamo se il circuito che vorremmo replicare ha una tensione differente? E più in generale, come funziona un alimentatore, e come possiamo progettarne uno?

Un alimentatore nel nostro caso è un circuito elettronico modulare (quindi a sé stante) che acquisisce in input una corrente alternata e la “raddrizza”, ovvero la trasforma in corrente continua. Nell’eseguire questa operazione occorre mantenere la parte in uscita il più lineare possibile, evitando picchi e sbalzi di tensione (di qui l’aggettivo “stabilizzato”).

Il trasformatore

Progettiamo un alimentatore stabilizzato

Il trasformatore è una macchina elettrica statica, funzionante in corrente alternata e basata sul fenomeno dell’induzione elettromagnetica. Su un nucleo di ferrite trovano posto due avvolgimenti di cavo elettrico. Grazie al fenomeno dell’induzione elettromagnetica, la corrente che passa attraverso l’avvolgimento del primario viene trasportata sugli avvolgimenti del secondario. Dall’immagine possiamo notare come il livello di tensione indotta è proporzionale al numero delle spire di ciascun avvolgimento.

La tensione efficace Veff richiesta sul secondario del trasformatore viene solitamente calcolata in base alla tensione continua Vo richiesta all’uscita dell’alimentatore non stabilizzato secondo la relazione:

Veff = (Vo + VD) / √2

dove VD è la caduta di tensione introdotta dal raddrizzatore. Questo valore è mediamente di ~0,7 V nei diodi al silicio.

Nei raddrizzatori a ponte di diodi si considera una caduta di tensione doppia in quanto la corrente alternata transita sempre in una coppia di diodi per volta, per cui si considera VD ≈ 1,4 V (e VD ≈ 2 V per elevate correnti). Tuttavia, tale formula non tiene conto delle fluttuazioni della tensione di rete che si ripercuotono sul secondario.

Pertanto, per compensare una tolleranza in difetto del 10% della tensione di rete in modo che la tensione continua non stabilizzata in uscita all’alimentatore non risulti mai inferiore a quella desiderata, è conveniente tenere conto di questo fattore.

Quando le correnti in gioco diventano significative (oltre 1A), occorre anche tener presente un 10% di fluttuazione relativa alla perdita dovuta alla resistenza interna del trasformatore.

Veff = 1,21 × (Vo+VD) / √2

Tipicamente utilizzeremo un trasformatore da 220V sul primario, in grado di erogare tra i 5 ed i 18V a 1A (a seconda delle esigenze del nostro circuito).

Ultima precisazione, riguardo alla potenza del nostro trasformatore.
La potenza apparente PA viene solitamente espressa in VA (voltampère) ed è data dal prodotto della corrente efficace Ieff e dalla tensione efficace Veff del secondario.

PA = Ieff x Veff

Per determinare la corrente efficace Ieff è necessario conoscere la corrente Io assorbita dal carico, ovvero quella richiesta all’uscita dell’alimentatore. Poiché la corrente richiesta al secondario presenta una forma d’onda piuttosto complessa, non è semplice eseguire un calcolo esatto della corrente efficace. Tuttavia, è possibile stimare con una ragionevole approssimazione la corrente efficace in questo modo:

Ieff ≃ k x Io

dove k è una costante specifica, misurata empiricamente, che dipende dal tipo di circuito impiegato come indicato nella tabella seguente.

La formula empirica da utilizzare per la potenza sarà quindi

PA ≃ k x Io x Veff 

A causa delle perdite termodinamiche e delle fluttuazioni, converrà quindi mantenere il valore di tensione del secondario leggermente più elevate rispetto alle nostre esigenze. Ad esempio, 30VA se vogliamo alimentare il progetto con 12V.

Il ponte di diodi (raddrizzatore)

IL ponte di diodi si occupa di trasformare la tensione alternata proveniente dal trasformatore in corrente continua, ovvero costantemente positiva o costantemente negativa.

Nell’immagine che segue, vediamo il grafico della tensione proveniente dal trasformatore:

Progettiamo un alimentatore stabilizzato

Dopo il ponte di diodi, la tensione avrà invece il seguente andamento:

Alimentatore stabilizzato fai da te

Grazie al particolare disegno elettrico, il “ponte” acquisisce la tensione alternata, e restituisce la relativa semionda positiva (se il segnale è positivo)  e quella  raddrizzata (se il segnale è negativo). Caratteristica di questo sistema è l’efficienza particolarmente elevata: il lavoro elettrico ottenibile, pari alla sezione di grafico racchiusa dalla sinusoide, è praticamente uguale.

E’ possibile utilizzare 4 diodi al silicio di tipo 1N4007, o un ponte raddrizzatore della potenza sufficiente. Per i nostri progetti saranno sufficienti ponti da 400V 2A (tra W04 e 2W10).

La rete di livellamento

A questo punto, abbiamo una tensione “continua” più o meno allineata con le nostre esigenze (rispetto alla 220V alternata iniziale). Purtroppo però ilsegnale non è altrettanto continuo: varia costantemente tra V/2 e zero 25 volte al secondo, e questo non è il massimo se vogliamo alimentare un circuito con una potenza che rimanga stabile nel tempo. Avremmo bisogno di un “contenitore di energia” che ci consenta di attingerevi quando il livello della tensione va verso lo zero…

Il condensatore elettrolitico è il componente che fa per noi.

Alimentatore stabilizzato

Grazie all’uso di un condensatore elettrolitico di opportuna capacità, è possibile elevare la potenza complessiva erogata dall’alimentatore  (riga rossa nell’immagine), diminuendo nel contempo il fastidioso “ronzio” audio che spesso accompagna i sistemi di alimentazione di basso livello.

Ripple alimentatore stabilizzato

Il segnale elettrico prelevato ai capi dell’alimentatore è rappresentato dalla linea rossa nel grafico. Tale tensione, chiamata tensione di ripple, è quella che impedisce ad un sistema di lavorare entro i limiti. Maggiore è la capacità  del condensatore elettrolitico di livellamento, minore sarà la differenza tra minimo e massimo della curva.

Calcoleremo la capacità del condensatore di livellamento con una formula pratica: C1 = 10.000μF/63V per ciascun ampère assorbito. La formula effettiva è la seguente:

con C in Farad, Io in ampère, fp in Hertz e Vr in Volt. Il valore 1,2 rappresenta un 20% di tolleranza riscontrata in genere nei componenti elettronici commerciali.

Nel nostro caso abbiamo Io = 1A, fp = 100 Hz (perché lavoriamo sulle 2 semionde), Vr = 12. Questo ci porta ad un valore calcolato per C di (1.2 x 1) / (100 x 12) = 0.001F o 1000μF, che diventano 2400μF a 5V. Come vedete, nel caso pratico è possibile “sforare” di una unità di grandezza (in più) per avere un guadagno di prestazioni in ripple. In altri termini, il valore di C1, per quanto importante, non è crucuale.

Lo stabilizzatore

Una volta stabilito il valore della capacità (e di conseguenza la tensione d ripple), per avere una tensione lineare, stabile, occorre “tagliar via” tutto ciò che ecceda il valore minimo della tensione ottenuta, trasformandolo in calore. Esiste un’intera famiglia di circuiti integrati predisposti a tale funzione, e perfettamente in grado di ottemperare allo scopo. Si tratta di circuiti dotati di un PIN di ingresso, un PIN di uscita ed un PIN di massa per  il confronto della tensione effettiva rispetto alla massa comune del circuito.

LM78xx stabilizzatori di tensione

Dal momento che la funzione primaria di questi integrati è creare calore, è buona norma applicarvi un’aletta di raffreddamento (radiatore/dissipatore) di opportuno valore.

dissipatore TO-220 per alimentatore

Con un simile artificio (ed un dissipatore di generose dimensioni) sarà possibile erogare correnti sino ad 1 Ampère con una tensione lineare, senza timore di bruciare il regolatore.

La rete anti-spike e di protezione

Per evitare captazioni elettromagnetiche dutrante il funzionamento, è in genere opportuno porre un piccolo condensatore ceramico tra l’ingresso e la massa, e tra l’uscita e la massa del regolatore di tensione. Sul circuito finale tali condensatori dovranno essere posizionati il più vicino possibile ai relativi PIN del regolatore.

Saranno sufficienti due condensatori ceramici  (mlcc) da 100nF ciascuno.

La protezione da correnti inverse

E’ prassi posizionare un ultimo condensatore elettrolitico a valle del circuito, per filtrare via qualsiasi sbalzo imprevisto.

Infine è possibile proteggere il delicato circuito integrato di regolazione dalle correnti di ritorno utilizzando un diodo posizionato tra l’uscita e l’ingresso

diodo protezione 78xx

Anche in questo caso potremo utilizzare un diodo al silicio di tipo 1N 4005 o 1N4007.

Un condensatore elettrolitico (C4) posto sull’uscita dell’alimentatore, del valore di un decimo di C1, ci garantirà da ulteriore rumore elettrico.

Il moltiplicatore di potenza

E’ infine possibile dotare il nostro alimentatore di un amplificatore di potenza erogata e di una protezione dalle sovracorrenti, grazie all’utilizzo di transistor. Possiamo anche inserire un LED di controllo sulla linea per determinare il funzionamento… ma ne parleremo in un prossimo articolo

Considerazioni finali

Non è poi così difficile creare circuiti elettronici “partendo da zero”. Basta conoscere le formule giuste e sapere come applicarle.

Occhio alle polarità di ponte, condensatori e regolatore, per evitare fiammate, e via di saldatore!

Alimentatore stabilizzato

 

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Definire ciò che si è non risulta mai semplice o intuitivo, in specie quando nella vita si cerca costantemente di migliorarsi, di crescere tanto professionalmente quanto emotivamente. Lavoro per contribuire al mutamento dei settori cardine della computer science e per offrire sintesi ragionate e consulenza ad aziende e pubblicazioni ICT, ma anche perche’ ciò che riesco a portare a termine mi dà soddisfazione, piacere. Così come mi piace suonare (sax, tastiere, chitarra), cantare, scrivere (ho pubblicato 350 articoli scientfici e 3 libri sinora, ma non ho concluso ciò che ho da dire), leggere, Adoro la matematica, la logica, la filosofia, la scienza e la tecnologia, ed inseguo quel concetto di homo novus rinascimentale, cercando di completare quelle sezioni della mia vita che ancora appaiono poco ricche.

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