Cabinato Arcade Raspberry Pi Vol VI: L’era analogica

Raspberry Pi

Il nostro percorso che ci condurrà alla creazione del nostro cabinato con Raspberry Pi fa tappa alla fermata inerente agli standard dei display video. Dopo l’analisi dei rapporti di aspetto, si tratta di una tappa obbligata perché fare confusione è molto molto semplice. Sì, perché quando si parla di segnali video occorre separare immediatamente i concetti in due grandi insiemi:

  • Standard della codifica dei colori
  • Standard delle connessioni video

In questo articolo parleremo solo del primo insieme, lasciando il secondo ad un articolo ad esso successivamente dedicato.

Gli standard codifica dei colori si dividono a loro volta in:

  • Standard Analogici (più datati)
  • Standard Digitali (attuali)

Nella mappa sottostante, possiamo vedere com’era la situazione fino a qualche anno fa:

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Perché abbiamo introdotto immediatamente questa distinzione? Beh, perché come accade in ogni argomento complesso, le persone tendono a fare confusione. L’HDMI, ad esempio, non è uno standard display video bensì uno standard di connessione video. Allo stesso modo, l’NTSC non è uno standard di connessione video ma uno standard dei display. Anche delgi Standard Digitali parleremo in altro articolo, data la vastità dell’argomento. Ci teniamo a precisare che si tratta di argomenti davvero molto complessi che, per essere compresi appieno, richiedono conoscenze nel campo delle comunicazioni elettriche. Cercheremo, per non tediarvi troppo, di presentare le varie tipologie di standard per aiutarvi a comprendere a grandi linee le difficoltà che si incontrano quando si decide di addentrarsi nel mondo del Retrogaming.

Da dove siamo partiti?

Le prime sperimentazioni in merito ai segnali video partono da ben prima che finisse la Seconda Guerra Mondiale. All’epoca, infatti, la conoscenza dei tubi catodici era già in stato avanzato e, gli scienziati, sapevano già come visualizzare un’immagine video. Tutto parte dallo studio dell’occhio umano: il fatto che i 24 fotogrammi al secondo fossero sufficienti a dare un idoneo effetto di movimento (persistenza dell’immagine su retina) spinse i progettisti a ricercare l’obiettivo dei 24 Hz per costruire il sincronismo verticale. Quest’ultimo, assieme al sincronismo orizzontale, erano i due segnali fondamentali per far funzionare correttamente il cinescopio.

 

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E qui, abbiamo il primo problema: siamo nei primi anni ’40 e, il transistor, avrebbe conosciuto la produzione su larga scala circa dieci anni dopo. Esistevano le valvole, direte voi, ma dimenticate un dettaglio non trascurabile: il costo. Triodi e Pentodi, all’epoca, costavano una follia. In che modo si poteva creare un oscillatore verticale in grado di far funzionare il tutto? La risposta è una: utilizzando la frequenza di rete. Il fatto è che negli Stati Uniti la frequenza della rete elettrica è di 60 Hz mentre in Europa è di 50 Hz. Per ottenere un valore prossimo ai 24 Hz desiderati, occorre dividere per due. Per effettuare questa divisione, non potendo utilizzare le valvole per lo stesso motivo addotto poc’anzi, si dovette ricorrere all’interlacciamento. Con “Interlacciamento” si intende una modalità di visualizzazione delle immagini in due sequenze che si susseguono molto rapidamente, una composta di righe pari e l’altra di righe dispari, adottata per ridurre l’effetto di sfarfallamento che si avrebbe se si trasmettesse a minore frequenza un’immagine intera.

Quando parliamo di display in bianco e nero, non possiamo fare a meno di introdurre il concetto di “Luminanza“: La luminanza, indicata anche come componente Y, è il segnale che trasporta l’informazione relativa alle immagini televisive in bianco e nero; una bassa luminanza corrisponde a un puntino scuro sullo schermo, un’alta luminanza implica la visualizzazione di un puntino chiaro.

Scendere in ulteriori dettagli sarebbe enormemente complesso, ma se avete già mal di testa, sappiate che fin qui abbiamo solo introdotto il discorso inerente al bianco e nero. Devono ancora arrivare i colori!

Le immagini a colori

Siamo al punto in cui abbiamo già due standard: quello a 50 Hz e quello a 60 Hz. In linea di principio, l’immagine a colori è la combinazione di tre immagini monocromatiche distinte con i colori Rosso Verde e Blu, proiettate sullo stesso cinescopio su dei fosfori del relativo colore. In sostanza, il segnale video a colori era il segnale RGB (Red – Green – Blue). Fin qui tutto semplice, grosso modo. Discorso diverso quando occorre trasmettere il segnale via etere. Già, perché per comporre l’immagine a colori c’era bisogno di gestire quattro segnali: R – G – B e Sync. A complicare ulteriormente le cose, c’era la compatibilità richiesta con i televisori in bianco e nero.

 

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Oltre alla Luminanza, con l’avvento dei colori, ecco che viene introdotto un nuovo segnale: la Crominanza. Questo segnale si affianca completamente alla Luminanza, garantendo la retrocompatibilità con i televisori in bianco e nero. Sì, direte voi, ma in che modo? Eccovi accontentati:

Per permettere ai televisori in bianco e nero di visualizzare un segnale televisivo destinato ai televisori a colori RGB (Red = rosso, Green = verde, Blue = blu), invece che trasmettere per ogni linea questi tre colori primari, le informazioni vengono trasmesse separatamente (video a componenti) secondo il seguente schema:

  • i valori di luminanza (Y), che rappresentano l’intensità di luce complessiva dell’immagine (cioè la somma dei tre colori primari).
  • i valori di differenza dal colore Rosso (Cr).
  • i valori di differenza dal colore Blu (Cb).

Il segnale generato, viene detto segnale YCbCr.

In questo modo un televisore in bianco e nero, pur ricevendo tutti e tre i segnali, utilizza solo Y ignorando gli altri due. Un televisore a colori, invece, utilizza i segnali del Rosso e del Blu e ricava il Verde, sottraendo al segnale di luminanza le informazioni su Rosso e Blu. Quindi, ricapitolando:

  • Y = R + G + B
  • Cr = R – Y
  • Cb = B – Y

 

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Nonostante le opportune operazioni di manipolazione il risultato non era però soddisfacente: il segnale responsabile della tonalità, infatti, non aveva un riferimento tale per poter stabilire il livello del bianco. Come al solito, i diversi paesi seguirono una loro strada, dando vita a tre grandi tipologie di segnale codificato:

  • NTSC: Nord America – parte del Sud America – Giappone
  • PAL: Europa
  • CAM: Francia – Estremo Oriente – Colonie francesi

L’NTSC prende il nome dall’ente americano che lo ha creato, ed è l’acronimo di National Television System(s) Committee. In realtà, presso gli appassionati della materia, l’acronimo viene scherzosamente mutato in Never Twice The Same Color  (mai due volte lo stesso colore). Il soprannome ben poco lusinghiero deriva dalla mancanza di un sistema di correzione automatico degli errori di fase, che rende necessaria la presenza di una regolazione di tinta manuale sui monitor (potenziometro). Si tratta di un formato di tipo interlacciato con una cadenza di ripresa di 30 fotogrammi al secondo (29,97 Hz per la precisione). Lo Standard NTSC prevede l’utilizzo di 525 linee per la definizione di un fotogramma completo e di 262,5 linee per ogni semiquadro. Sul totale delle 525 linee solo 486 vengono realmente utilizzate per comporre l’immagine, mentre le restanti vengono impiegate per altre informazioni come sincronismi di ritorno verticale, televideo e close captioning per non udenti. Attenzione però: stiamo parlando di un formato analogico, quindi non è possibile parlare di una vera e propria “risoluzione”, perché essa varia molto sia dagli apparecchi utilizzati per la ripresa delle immagini.

Il PAL (Phase Alternating Line) è un metodo di codifica del colore sviluppato in Germania da Walter Bruch, un tecnico della Telefunken. Lo sviluppo di questo standard si rese necessario poiché l’NTSC in Europa non era applicabile a causa delle reti elettriche a 50 Hz e della sua scarsa stabilità in presenza di cattiva ricezione. Il PAL è adatto non solo ai 50 semiquadri al secondo, ma è anche molto più stabile come trasmissione e ricezione dei colori. Riguardo i videogiochi, occorre precisare che lo standard PAL si divideva a sua volta in PAL A e PAL B. Per fare un esempio, il Nintendo NES PAL A venduto in Italia e distribuito dalla Mattel, funzionava nel nostro paese, in Inghilterra e in Australia. Il PAL B, chiamato “European Version”, funzionava in Francia, Germania e Spagna. Da notare che il NES francese aveva in realtà il segnale SÉCAM, del quale parleremo a breve. Chiaramente, in Europa non funzionava il NES americano (NTSC) e, allo stesso modo, il Famicom (stessa console ma con fattore di forma e nome diverso) giapponese.

 

 

Lo standard CAM SÉquentiel Couleur À Mémoire o “colore sequenziale con memoria” è un sistema di codifica dei colori utilizzato per la prima volta in Francia, inventato da un gruppo di tecnici guidato da Henri de France, che lavorava alla Compagnie Française de Télévision, acquisita in seguito dalla Thomson. Come i sistemi NTSC e PAL, gli altri sistemi di trasmissione in uso a livello mondiale, il SÉCAM è retrocompatibile, cioè progettato affinché i segnali codificati possano essere comunque ricevuti dai televisori in bianco e nero già esistenti. La differenza del SECAM rispetto agli altri due sistemi è che i due segnali R-Y e B-Y sono modulati in frequenza anziché in ampiezza. Le due informazioni di differenza cromatiche non sono inoltre modulate in quadratura di fase, ma una alla volta su righe consecutive. L’informazione mancante viene recuperata dalla linea precedente tramite una linea di ritardo, da cui il nome sequenziale con memoria del sistema.

Alla luce di queste differenze cosa possiamo dedurre? Beh, innanzi tutto che, all’epoca, era un mondo completamente diverso. Al giorno d’oggi siamo abituati a collegare l’alimentatore alla presa di corrente, il cavetto HDMI al televisore e il gioco è fatto. E se si decide di salire sulla macchina del tempo e di godersi una console anni ’80? Eh, bisogna essere consapevoli di tante cose e metter mano al portafogli. Una console giapponese, ad esempio, non funziona in Europa sia per l’alimentatore sia per lo standard video. In Italia si usa una tensione di rete a 230 V con una frequenza di 50 Hz. In Giappone, invece, le cose sono ben più complicate: se è vero che si utilizzano i 100 V, la parte est del paese funziona a 50 Hz (Tokyo, Sapporo, Sendai) mentre la parte ovest (Nagoya, Kyoto, Osaka, Hiroshima) a 60 Hz. Anche la codifica video è diversa: in Italia i televisori a tubo catodico avevano codifica PAL, mentre in Giappone c’era l’NTSC. Oltre a un alimentatore differente, occorre procurarsi un TV CRT (a tubo catodico) multistandard (Sony Trinitron, ad esempio) che possa funzionare sia con il PAL che con l’NTSC. Alternative? Ma certo, trovare un apparecchio TV americano o giapponese. In alternativa, si possono effettuare modifiche hardware in base alla macchina in questione. Ma questa, è un’altra storia.

 

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###Da sempre appassionato di tecnologia, soffro di insaziabile curiosità scientifica. Adoro sperimentare e approfondire le mie conoscenze sulle ultime novità sul mercato in termini di hardware, alta tecnologia e videogiochi. Attratto e coinvolto nella prototipazione hardware dalla piattaforma Arduino, Raspberry Pi e Nvidia Jetson.### ###Always passionate about technology, I am suffering from insatiable scientific curiosity. I love experimenting and deepening of my knowledge on the latest news on the market in terms of hardware, hi-tech and video games. Got attracted and involved in hardware prototyping by the Arduino platform, Raspberry Pi and Nvidia Jetson.###

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