Paleotecnologia VI: la nascita del Transistor

Il mondo nell’immediato dopo guerra di certo non si immagina che la storia della tecnologia sia destinata a cambiare per sempre. È infatti la vigilia di Natale e nei Bell Telephone Laboratories, tre futuri premi Nobel che rispondono ai nomi di John Bardeen, William Bradford Shockley e Walter Brattain, inventano il Transistor. Il termine è una contrazione di “Transfer-Resistor“.

Per dovere di cronaca, non possiamo di certo esimerci dal dire che i tre inventori partirono da principi e concetti elaborati a partire da vent’anni prima, nei quali fisici del calibro di Walter Schottky, Arnold Sommerfeld, Gary Horowitz e molti altri, teorizzarono e sperimentarono le proprietà elettromagnetiche dei metalli prima e dei semiconduttori dopo. La necessità di arrivare a sviluppare il transistore (o transistor), deriva dalla necessità di sviluppare una rete telefonica ad ampio raggio e in maniera capillare, cosa che di fatto rendeva obsoleti i commutatori elettromeccanici e gli amplificatori a stato solido.

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Il valore della scoperta del transistor è da ricercarsi anche nell’evoluzione della metodologia di lavoro: se prima certi studi erano riservati ai fisici, da questo momento in avanti si vede la formazione di gruppi di ricerca eterogenei, formati da ingegneri, fisici, chimici ed esperti di metallurgia. L’esperimento fondamentale per lo sviluppo del transistor e la creazione del primo prototipo (transistor a punto di contatto), viene eseguito per mezzo di due filamenti d’oro (collettore ed emettitore) a contatto con un cristallo di Germanio (base). Misurando la tensione in uscita dal collettore rispetto alla base, quest’ultima ha un valore maggiore rispetto alla tensione di ingresso all’emettitore. Se a livello di principio il risultato è stato ottenuto, a livello pratico Il problema  non è risolto: questo tipo di transistor è purtroppo inefficace, ha larghezza di banda molto bassa, basso guadagno ed elevata rumorosità. A risolvere la questione ci pensa William Bradford Shockley: lo scienziato che solo due anni prima aveva portato il Dipartimento della guerra degli Stati Uniti a propendere per lo sganciamento delle due atomiche su Hiroshima e Nagasaki, propone una diversa tipologia di transistor, chiamato “transistor a giunzione“. Oltre all’inefficacia intrinseca al funzionamento del transistor a punto di contatto, Shockley capisce immediatamente che il punto di contatto è una vera e propria fragilità che rende difficilissima una produzione su larga scala. Dalla teorizzazione alla creazione di un transistor a giunzione effettivamente funzionante, passano circa tre anni (1950).

Per quanto riguarda i semiconduttori, agli inizi il Germanio era diffuso per la sua facilità di lavorazione. Uno dei motivi per cui nel corso del tempo si sono preferiti i transistor al Silicio, è che il Silicio consente di raggiungere temperature di esercizio anche di 200°, mentre il Germanio arriva a temperature ben al di sotto dei 100°. Il primo transistor al Silicio prodotto in larga scala, è giunto sul mercato grazie a Texas Instruments.

ATTENZIONE: il funzionamento di giunzioni, semiconduttori e transistori è un argomento complesso per la quale comprensione è fortemente propedeutica la conoscenza della Teoria dei Circuiti, di alcuni fondamenti di chimica, fisica e matematica. Questo articolo non affronta l’analisi del transistor e del suo funzionamento, occupandosi solo della sua genesi e di una breve descrizione delle sue tipologie.

Tipi di transistor

I transistor sono essenzialmente di due tipi.

  • Transistor a giunzione bipolare (BJT).
  • Transistor a effetto di campo (FET).

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Il transistore a giunzione bipolare (Bipolar Junction Transistor) è impiegato diffusamente in elettronica analogica come amplificatore o interruttore (switch), formato da tre strati di semiconduttore drogato (ad esempio Silicio), con strato centrale di drogaggio opposto agli altri due (p-n-p o n-p-n). Prende il nome di “bipolare” perché utilizza portatori di carica maggioritari e minoritari. In questo modo è possibile controllare la corrente che attraversa il transistor, andando ad applicare tensione tra i terminali.

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Il FET (Field Effect Transistor) o transistore ad effetto di campo, è impiegato diffusamente nell’elettronica digitale. Al materiale semiconduttore si applicano quattro terminali: gate, source, drain e bulk (connesso al source, ma non sempre presente). Questo transistor permette di controllare il flusso di corrente per mezzo della formazione di un campo elettrico all’interno, coinvolgendo solo i portatori di carica maggioritari. Per questo motivo, il FET è un transistore unipolare. Esistono varie tipologie di FET, come il JFET e il MESFET o il più conosciuto MOSFET (Metal Oxide Semiconductor Field Effect Transistor), con campo elettrico generato per mezzo di una struttura metallica separata da uno strato di ossido.

Volendoli mettere a confronto, possiamo dire che il BJT ha il gate non isolato ma garantisce più corrente in uscita, allo stesso tempo il FET ha il gate isolato ma, avendo alta impedenza, non è in grado di offrire elevata corrente in uscita.

Se vi siete persi le tappe che hanno portato alla creazione del Transistor, potete trovarle qui:

 

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