Articolo per la rubrica “Il futuro di Internet”, pubblicato su Login

 

Un viaggio allucinante nei più nascosti recessi di un futuro accuratamente nascosto.

Fenomenologia del programmatore

di Luigi Morelli

 

Io sono.

Nel momento in cui me ne rendo conto capisco di esistere, e riesco a mettere in relazione la vita, le attività mie e del prossimo, a valutare le mie azioni nel tempo, a stabilire nessi tra causa ed effetto; mi rendo conto di esistere. Quindi il programmatore non è.

Non è, dal momento che nella propria realtà ciò che veramente conta è portare a termine il programma entro il limite massimo della finestra temporale concessa, a prescindere da ciò che accade attorno a lui. Egli non mette in relazione le proprie azioni con quelle degli altri, semplicemente elimina la presenza degli altri qualora costoro rappresentino un rallentamento nel raggiungimento del traguardo finale. Il programmatore non valuta le proprie azioni nel tempo, le considera come un caos quantistico dal quale nascerà la propria opera, poco importa se verrà utilizzata una data metodologia, o se punti e virgole verranno aggiunti in un secondo tempo come insegna Pulcinella. Il programmatore non stabilisce mai rapporti tra causa ed effetto, dal momento che il proprio guscio di realtà spesso virtuale è definito e definitivo, aprioristico, apodittico e assiomatico. Indiscutibile.

Ergo, il programmatore non esiste.

 

Dimostrazioni per assurdo

Ma se il programmatore non esiste, mi si chiederà, donde provengono tutti i software piratati con tanto rischio dall’inizio dell’Era Informatica? A cosa mai corrispondono quei torrenti di bit che apparentemente rappresentano programmi logici?

Bene, iniziamo da quest’ultima affermazione. Logica è definizione ed attributo legato da sempre alla logica. Affermazione tauto-logica, appunto. In pratica, si fonda sui concetti di coerenza e non contraddizione, con l’aggiunta eventuale del teorema del terzo escluso. Coerenza significa “se a è vero, allora a sarà sempre vero se non muteranno le condizioni al contorno”; non contraddizione significa “se a è vero, allora a non può essere falso allo stesso tempo. E viceversa”. Il concetto del terzo escluso approfondisce ulteriormente il disagio di colui che legge la definizione, in quanto press’a poco recita così: “se a è vero allora a è vero, altrimenti a è falso”. Il che appare di una banalità disarmante, qualora non si rifletta alle solite condizioni al contorno: in parole semplici l’ultima frase significa che un risultato logico può essere o vero o falso, non una terza via di mezzo. Punto.

Se siete giunti sin qui, innanzi tutto complimenti per la tenacia; facciamo ora un altro passo avanti. Abbiamo parlato di coerenza, non contraddizione e terzo escluso. Cosa accade se applichiamo tali concetti all’idea di “programma logico”? Ci troviamo di fronte ad un evidente ossimoro! Quante volte, in un programma, abbiamo posto la variabile a ad 1 e l’abbiamo ritrovata a 198451934,98? Quante, volte, esaminando le condizioni al contorno, abbiamo notato che un determinato ciclo non terminava come ci aspettavamo, bensì in modo opposto, “verando” dove doveva “falsare”? E quante volte, infine, la struttura di switch/case così attentamente predisposta, metteva in risalto proprio quel caso che non era sembrato doveroso filtrare?

Da tutto quanto sopra esposto risulta quindi evidente che il programma non è logico, bensì assume differenti livelli quantistici di realtà a seconda delle condizioni al contorno. Potremmo quindi concludere con un bel (programma NOT logico), ma di nuovo chiedo: quanti elementi di tipo “programma” avete visto che potessero avvalersi immediatamente dell’attributo “logico”? Personalmente propenderei per un’affermazione di tipo NOT(programma logico).

 

Un passo avanti

Ma se, come abbiamo potuto esaminare in precedenza, il programmatore (o sedicente tale) considera la propria opera come un caos quantistico dal quale, dato un sufficiente lasso di tempo, dovrà apparire un risultato apprezzabile, allora non possiamo parlare nemmeno di “programma”, separando l’assunto precedente ed ottenendo un NOT(programma) NOT(logico). Ora, il caos quantistico nella mente del programmatore somiglia in modo raggelante al livello di comunicazione raggiunto attualmente dai Media: mentre infatti egli afferra a caso un costrutto qui ed una variabile lì, i Media con lo stesso sistema ricreano una realtà assolutamente virtuale e configurata per occhieggiare voluttuosamente a questo od a quel potere. Chi tra noi se ne è reso conto, non potrà fare a meno di accorgersi della similitudine: non v’è dunque informazione nella creazione del programmatore: solo dati pescati alla rinfusa e privi di una struttura logica e coerente. Ma allora, se il “rumore di fondo” del programmatore coincide con il “rumore di fondo” della vita mediatica, e se non esistono programmi logici, da cosa possiamo dedurre l’esistenza di un programmatore?

Qualcuno potrebbe timidamente avanzare l’idea di ricondursi ad esso seguendo come Pollicino briciole di pizza, macchie di caffè e cola, vecchie schede ISA, cappellini da baseball, scatole di floppy disk (magari da 5,25) consunte e bisunte dall’uso, gadget elettronici, piccoli dirigibili radiocomandati, mozziconi di sigarette e cattivi odori dovuti a scarsa igiene personale. Secondo me, invece, tale massa priva di coerenza e di unicità tende ad accumularsi accanto ai computer sino a raggiungere una data massa critica, oltre la quale evolve (o involve, se preferite) in una creatura (scarsamente) semovente che siamo soliti rappresentare con il termine “programmatore”. Tale creatura risulta assolutamente priva di cicli circadiani, scambiando spesso il giorno con la notte; ha una vaga tendenza all’autodistruzione mediata da cibi e bevande gassate e alcoliche, dimentica tutto tranne i codici per giochi e programmi, colleziona spesso pupazzetti ed è assolutamente privo di volontà propria: quando costui incontra un possibile fornitore di lavoro, tende ad esaltarsi, a proporre il triplo delle opzioni richieste dalle specifiche, e a dimezzare i tempi di consegna per avere poi più tempo da trascorrere sparando o guidando virtualmente sulla rete. Ovvio che a tale entità si cercherà sempre e comunque di estorcere qualcosa in più, e non è raro sentir parlare di programmatori che hanno dovuto interrompere il proprio lavoro per inventare un distorsore temporale e procurarsi qualche ora di vantaggio sulla imminente consegna. Geniali ingenui (altro ossimoro che li contraddistingue), se esistessero nella realtà creature consimili sarebbero destinate ad una estinzione di massa sotto lo sguardo benevolo di Darwin.

 

1 + 1 = ?

Ricapitolando, abbiamo visto che il concetto di programma logico è contraddittorio, che in esso non può essere racchiusa alcuna informazione che non fosse preesistente, e che il creatore di programmi, qualora fosse esistito, si sarebbe estinto nell’arco di pochi decenni rendendo i componenti iniziali al mondo (e questo spiegherebbe il ritrovamento sempre più frequente di vecchie schede ISA scomparse da anni). Ai fini del nostro tentativo di dimostrazione, pertanto, si giunge alla definitiva conclusione che il programmatore non può esistere allo stato stabile.

CVD.

 

Conclusioni

Onde evitare la classica valanga di proteste da parte di programmatori più o meno capaci, dichiaro sin d’ora che io stesso appartengo o sono appartenuto alla categoria: attualmente ho iniziato a decompormi ed alcuni pezzi di me, propriamente quelli corredati di schede ISA, stanno trasformandosi in system administrator, ma questa sarà un’altra storia. Ciò che ho personalmente riscontrato in questi anni, tuttavia, è pienamente descritto nell’articolo attuale, che potrei intitolare “Il programmatore è esistito realmente!” se non avessi già scritto un altro titolo e non fossi così disastrosamente pigro. Resta il fatto che nell’Internet dei prossimi 50 anni vedo sempre meno spazio per la figura del programmatore “puro”, sia per carenza di genio strutturale (la maggior parte dei programmi necessari già esiste…) sia per l’eccesso di ingenuità che tende a estinguere ogni forma di vita nella quale dimora.

E dal momento che ho scritto quest’articolo al rovescio, partendo dalle conseguenze ed arrivando alle ipotesi, non mi resta che augurarvi buona lettura…

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